Il Cambiamento organizzativo o Change Management riferito all’evoluzione di Persone e Organizzazioni, è un processo di transizione necessario per adeguarsi alle condizioni socioeconomiche che mutano, alla complessità sociopolitica e ad esigenze che cambiano con una velocità mai vista in precedenza.
Le organizzazioni hanno necessità di cambiare rivedendo il proprio modo di funzionare nel suo insieme e lo fanno in base a determinati modelli di riferimento.
Il Change Management in sintesi
L’attore principale dei calmbiamento organizzativo è il “Change Manager”, ed in ogni processo di cambiamento, i change manager sono numerosi ed hanno ruoli definiti. Ciascuno di loro segue un vero e proprio copione che passa da diverse fasi da attuare in successione.
Lo sviluppo dei diversi modelli di cambiamento ha preso spunto dalle varie teorie provenienti dalla psicologia sociale che si sono diffuse già a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
Il più importante studioso che ha dato il via all’interpretazione del cambiamento è sicuramente Kurt Lewin il quale ha proposto il suo modello della percezione del cambiamento a 3 stadi.
In sintesi, tale modello prevede una fase di scongelamento che ha l’obiettivo di rompere con l’inerzia presente, il secondo stadio è quello della confusione dovuta al processo di mutazione delle passate abitudini, e infine il ricongelamento per consolidare i risultati.
Se allarghiamo lo stesso tipo di ragionamento alle organizzazioni e ai sistemi di Persone, parleremo di periodo di incubazione, nel quale si definiscono i confini dell’azione nel suo insieme, e passiamo poi ad un’azione mirata ad allargare il consenso dei protagonisti e infine all’esecuzione materiale del piano d’azione.
Le organizzazioni non cambiano se non cambiano le persone
Col tempo si è compreso un concetto fondamentale: le organizzazioni non possono raggiungere il proprio obiettivo se non cambiano le persone.
Ed è partendo da questo presupposto si è affermato, come modello di gestione del cambiamento, il modello ADKAR.
Cos’è il modello ADKAR
Negli anni ’90 Jeff Hiatt ha sviluppato un modello di gestione del cambiamento differente da molti altri poiché al centro ha messo l’individuo.
La capacità del singolo di aprirsi alla nuova organizzazione è garanzia di successo.
Il nome ADKAR è un acronimo che proviene dalle parole inglesi: Awareness, Desire, Knowledge, Ability, Reinforcement.
Consapevolezza – Awareness
Desiderio – Desire
Conoscenza – Knowledge
Capacità – Ability
Rinforzo – Reinforcement
I risultati raggiunti in ogni step permettono di passare a quello successivo.
Prima di affrontare ogni step dei 5 proposti, vale la pena porre l’attenzione sul fondamento su cui poggia l’intera struttura: ogni singolo individuo deve comprendere la necessità di cambiare, altrimenti non svilupperà la motivazione necessaria a imprimere l’energia fondamentale per la transizione.
Questo vale per ogni singolo sistema organizzato, partendo dalla famiglia, alla scuola, ai luoghi di lavoro, alle istituzioni, fino al sistema Paese.
1) Consapevolezza [Awarness]
Costruire la consapevolezza è il primo step di qualsiasi processo di cambiamento. La mente umana ha bisogno di comprendere perché le cose cambiano. La resistenza al cambiamento è un fatto umano, per cui la comunicazione dovrà andare a smantellare le false sicurezze che suscitano nell’individuo la sensazione inconscia di paura e incertezza per il futuro.
In particolare, si dovrà mettere in dubbio il comfort che deriva dal non cambiare, e per far ciò la prima necessità sarà quella di avere un altissimo livello di credibilità, discutere apertamente sulle cause della necessità di cambiare e infine chiarire i dubbi derivanti dagli immancabili pettegolezzi.
2) Desiderio [Desire]
La sensazione che genera l’aver chiarito per quale motivo occorra modificare le cose porta a uno stato di insoddisfazione derivante dall’aver compreso i pericoli che si corrono nel rimanere in una situazione di stallo. Il successo di questo step si raggiunge chiarendo cosa attenderà il singolo una volta terminata la fase di change management.
Il passaggio precedente ha avuto successo quando si verifica la condizione in cui ogni singolo individuo avverte il desiderio di supportare e far parte del processo di cambiamento.
3) Conoscenza [Knowledge]
La consapevolezza e il desiderio sono le basi per accedere a una serie di conoscenze sulle proprie capacità e sul proprio ruolo nella nuova organizzazione. Gli strumenti idonei per acquisire la conoscenza riguardano i campi consueti applicati dalla formazione ma anche quelli derivanti dall’esperienza sul campo o dai gruppi di gestione delle informazioni e dalla risoluzione dei problemi.
4) Capacità [Ability]
L’applicazione delle conoscenze porta a raggiungere risultati nei quali la propria abilità ha fatto la differenza. Sembra un passaggio immediatamente derivante dal precedente come conseguenza dell’apprendimento e invece non è così banale arrivare a produrre dei risultati.
La pratica e il tempo sono necessari come anche l’ottimizzazione degli strumenti da utilizzare.
Solitamente entra in campo un trainer che si assicura della corretta applicazione. È il punto di congiunzione tra obiettivi individuali e dell’intera organizzazione.
5) Rinforzo [Reinforcement]
L’ultima fase è quella che nasconde potenzialmente i pericoli maggiori di insuccesso. Il nostro cervello ha una tendenza naturale a tornare indietro sui propri passi. Rinforzare il cambiamento significa celebrare il risultato e costruire uno schema di riconoscimenti duraturo e convincente. Il sistema del feedback è ormai la prassi per arrivare a mostrare il riconoscimento del proprio lavoro. In taluni casi può essere necessario agire in compensazione per favorire la transizione finale.
Vantaggi e svantaggi del modello ADKAR
Il modello ADKAR offre diverse letture da parte degli esperti del change management, che di solito sono dei temporary manager o dei consulenti assunti per il periodo di transizione che viene chiamato anche “Turnaround”.
Da un lato è indubbio che affrontare una transizione aziendale importante per mezzo di una metodologia precisa comporti uno sforzo da parte di tutti i componenti dell’organizzazione.
Leggendola in un altro modo si potrebbe rilevare che i tempi da dedicare alle varie fasi, in molti casi, sono solitamente tempi desiderati, poiché gli individui, per molti versi sono essere irrazionali ed imprevedibili, come ci insegna la psicologia sociale e l’economia comportamentale.
I vantaggi riguardano la sequenzialità degli accadimenti, mostrando quindi una notevole forza sui risultati.
Un altro vantaggio è offerto dalla possibilità di verificare puntualmente il livello di cambiamento raggiunto. Il ruolo delle persone è centrale e supera quello del processo, ciò è garanzia di qualità.
Per contro, un tale modello può avere successo in maggior misura su aziende e su processi limitati data la complessità di governare troppe variabili.
Altri modelli appaiono molto descrittivi circa le cose da fare ma non entrano nel merito della motivazione e quindi sulla misurazione del cambiamento, ecco perchè, dal mio punto di vista, la migliore combinazione per i processi di change management, è data dall’utilizzo del quadro teorico di Kurt Lewin, nelle tre fasi: scongelamento, confusione/cambiamento, ricongelamento; unita al quadro metodologico ed operativo dato dal modello ADKAR
Conclusioni
Il change management è un argomento assai dibattuto nelle aziende. Non si discute più sulla necessità di affrontarlo, bensì su come arrivare a ottenere risultati migliori.
Per gran parte delle aziende che decide di servirsene è obbligatorio passare da esperti in consulenza organizzativa che abbiano la disponibilità ad attuare il processo in un periodo di tempo medio.
Il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato dalla presenza delle PMI e ciò ha consentito per decenni di rispondere rapidamente ai cambiamenti della domanda.
Nell’epoca moderna tali cambiamenti sono divenuti epocali e le piccole e medie realtà imprenditoriali, pur avendo nel loro DNA la caratteristica del dinamismo, non dispongono delle competenze da mettere in campo.
I modelli di Change Management come l’ADKAR possono assicurare la transizione, valorizzando la psicologia dell’individuo per ottenere così risultati stabili e di lungo periodo.
Questo articolo è un approfondimento del modello ADKAR, in quest altro, invece, affronterò in modo più dettagliato il tema del Change Management.
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Dott. Davide Etzi
Psicologo, Psicoeconomista, Executive Coach e Terapeuta [www.davideetzi.it]
Consulente in management e sviluppo delle Persone nelle Organizzazioni [www.humanev.com]
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